da Roberto Pellicciari
Non mi sottraggo, amico Bulgarelli, al tuo assist riguardante la barzelletta sui chinotti (anche se, dopo 40 anni, i nostri esami del sangue recano ancora tracce di variopinte spume, 50 lire di acqua, polverine e tanto gas).
Del più scorretto e infido dei nostri simili dicesi che è un vero “st…zo”. Ebbene, una decina di questi cosi si aggira sotto il manto stradale, in prossimità di un tombino. A un certo punto si imbattono in alcuni coperchietti di bottiglie di chinotto, li indossano a mo’ di cappello e si mettono a ballare gridando: “Siamo chinotti, siamo chinotti…..”. Ma, ahimè, i coperchietti sono solo nove e i cosi sono dieci, per la mortificazione di quello, fra loro, rimasto senza possibilità di promozione sociale. Quest’ultimo però, alla fine, decide di accodarsi lo stesso all’immondo trenino gridando a sua volta: “Sono un chinotto, sono un chinotto…”. Ma a questo punto gli altri si voltano scandalizzati e inviperiti: “Taci tu, st…zo!”.
D’accordo, magari è un po’ sconcia ma, in fondo, è un’allegoria della condizione umana.
Nessun commento.
Commenti chiusi.