da Valerio Morucci
Durante la crisi energetica iniziata nel ’73, vennero riscoperte le virtù della parsimonia e del consumo oculato. Passata quella crisi furono buttate alle ortiche le politiche keynesiane e si avviò una lunga fase di deregulation neoliberista, a partire dagli USA di Reagan e dalla GB della Tatcher. Niente “lacci e lacciuoli”, come da noi traduceva Craxi. Mercato produttivo e mercato finanziario liberi di esprimersi secondo le proprie tendenze. Imprenditori – e speculatori e arrivisti vari – più ricchi, e politici a confondersi sul proprio nuovo ruolo, fino a pretendere di non poter essere esclusi da quell’arricchimento. ‘Milano da bere’. L’inchiesta di Tangentopoli cercò di rimettere alla politica la foglia di fico del primato dell’interesse pubblico su quello privato. Sappiamo oggi che fu sforzo vano, perchè non agiva contro individui ma contro una tendenza determinata dal primato del Mercato. Cioè dal primato di quell’assenza di regole per creare in ogni modo ricchezza, che è terreno di coltura della collusione tra politica e finanza. (E quella della ‘casta’ sarebbe quindi una semplificazione mirata, anche perchè ha tenuto fuori la casta degli imprenditori qui in Italia sempre stato-assistiti. Quindi sempre complici nel mantenere il paese in una condizione di generale arretratezza.)In Tangentopoli ebbe un ruolo determinante il carcere, utilizzato dai giudici come ‘luogo di riflessione’ degli imputati reticenti. Questo, e quel po’ di pene comminate, hanno iniziato a rendere il carcere interclassista. La galera non era più appannaggio, quasi esclusivo, del solo sottoproletariato criminale ma anche dei ‘colletti bianchi’. (Continua)
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