da Barbara Melotti
Caro Claudio, come tu e tutti i lobbisti sapete sono una lettrice quasi sempre silenziosa del blog. Oggi scrivo perché, ti confesso, in quest’ultimo periodo qui dove mi sono sempre sentita a casa mia, mi sento un po’ scomoda. Leggo alcune risposte che si riferiscono a Morucci, non a quello che scrive qui ma proprio a lui, e mi sembra di leggervi la violenza. La violenza delle parole. Non penso a Morucci, scrivendo queste parole, non credo ne risenta troppo, né sono (ancora) dispiaciuta per lui: ha combattuto ben altre battaglie, con se stesso e con gli altri, per essere intimorito o sentirsi messo in discussione dalle chiacchiere di questo luogo. Il punto è che sono dispiaciuta per me, che questo fa star male me, perché la violenza delle risposte fa un corto circuito nella mia testa con la violenza di quei giorni, di quegli anni, con la quale forse non potrò mai fare pace, così come forse tutti noi che siamo abbastanza vecchi per ricordarla di prima mano e che siamo stati, ai tempi, abbastanza attivi politicamente da essere consapevoli a posteriori di quanto, probabilmente anche se inconsapevolmente, ci sia passata accanto.. E trovo duro da tollerare che chi mi ripiomba in quell’angoscia quasi quotidiana, non sia Morucci, che è venuto qui per parlarci, e insiste solo a parlarci, di altro dal suo punto di vista (e da quale, sennò!), ma persone le cui generalmente amabili parole mi accompagnano da anni, che sono diventati come amici, per me. Valerio Morucci non cerca di insegnarci nulla, non cerca di rileggere il passato, almeno non qui, racconta di sé come qui, prima o poi, abbiamo fatto tutti. Valerio Morucci ha pagato il suo debito con la società (o sta finendo di farlo, ignoro la sua attuale posizione penale). Che tale pagamento ci sembri troppo poco, eventualmente, non è fatto a lui imputabile, ma alle nostre leggi. Non è corretto, ed è violento, imporgli qui una ulteriore pena, quella del silenzio, a non si sa quale titolo da noi comminata. Peggio: da pochi fra noi. Perché, come spesso succede online e non solo, sono le minoranze rumorose quelle che prevalgono. Vorrei chiedere sommessamente agli amici di questo blog di non farmi vergognare di farne parte, di non rendermi necessario scusarmi con Morucci, che è una posizione nella quale mi sentirei ugualmente non confortevole. E’ appena arrivato, qui. Se diventerà o meno “uno di noi” lo dirà il tempo, se glielo daremo, il tempo. Grazie, Claudio, di avermi lasciato sforare, se lo avrai fatto.
Cara Barbara, semel in anno licet sforare. Ho avuto io stesso il tuo stesso imbarazzo. Pubblicando post intolleranti e illogici (peggio il secondo che il primo) mi chiedevo come mai il nostro blog avesse stimolato, oltre che consentito, una tale incapacità dialettica. Ero molto orgoglioso delle nostre conversazioni, sia quelle stupide sul colore della mia giacca, sia quelle più serie sul berlusconismo. Poi è piombato Morucci il quale ha compiuto l’ultimo atto terroristico della sua vita. Ci ha svelato l’inconsistenza delle capacità dialettiche della maggior parte di noi. Ed ha scatenato la bolgia. Chi diceva pere e gli veniva riposto mele. Chi pontificava senza sapere un cazzo. Chi dava fondo a tutta la sua violenza per attaccare con argomentazioni insensate le posizioni degli altri. Tutti, o quasi tutti, anche quelli che difendevano il diritto di Morucci a parlare, usavano argomentazioni sgangherate. Morucci ha semplicemente scritto un libro su un argomento che conosce: le carceri. Me ne frego di chi sia, di che cosa abbia fatto, di che cosa pensi su altri argomenti. Sulle carceri è un esperto. Ti faccio un esempio. Metti che Morucci in quei lunghi anni passati in galera sia diventato un grande conoscitore di storia medioevale. Gli vieto di parlare di Abelardo? Ritengo illegittimo il suo parlare di Impero Romano d’Oriente? E se fosse diventato il più bravo degli idraulici eviterei che riparasse il mio rubinetto che perde perché non ci ha ancora spiegato tutto di via Fani? Queste sono le basi della logica, Barbara, una materia che in Italia purtroppo non si insegna. Come non si insegna, al contrario che negli Usa, dialettica.Sia chiaro: anche a me danno fastidio quei brigatisti che dopo aver fatto i maestrini da una parte adesso vogliono fare i maestrini da quest’altra parte. Non è il caso di Morucci. Il quale viene insultato con scarse capacità di argomentazione dai nostri blogghisti proprio mentre con grande esercizio di umiltà ci parla di qualcosa che dovrebbbe interessare tutti, il carcere. Ho pubblicato tutti i post anche vergognandomi. L’ho fatto perché volevo che il corto circuito scattasse. Ti confesso che qualche giorno fa avevo preso in considerazione l’ipotesi di chiudere il blog. Se questo, dopo anni ed anni di vita, era il risultato, meglio farla finita. Credevo di aver timidamente insegnato un po’ l’arte della tolleranza e della dialettica. Invece no. Si invocava il silenzio, la censura, la condanna, la galera. Che schifo, Barbara, che delusione, che insuccesso. Che terribile prosopopea nelle parole più volte ripetute “da Morucci non ho niente da imparare”, “quello che dice Morucci non mi interessa”, “Morucci pensi ai famigliari delle vittime”. Quello che Morucci pensa sono affari suoi. Quello che dovremmo pensare noi è: vale la pena di continuare ad andare avanti con questo blog nel quale nessuno ha imparato un tubo, nessuno è migliorato di un’anticchia? (csf)
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