Pistorius è l’atleta senza gambe che gareggiando con due protesi molto simili a due molle è riuscito a raggiungere, nella corsa, standard elevati al livello dei migliori atleti del mondo. Le autorità sportive hanno deciso che quelle protesi gli danno degli innegabili ed ingiusti vantaggi e lo hanno escluso dall’eventuale partecipazione alle Olimpiadi di Pechino. Il tutto effettivamente sa un po’ di strano. Il primo passo nei confronti delle persone con qualche handicap fu quello di non chiamarle handicappate né disabili ma “diversamente abili”. La qualcosa non cambiò la loro vita. Questa decisione, addirittura, le trasforma in superdotate, persone che hanno dei vantaggi rispetto alle persone ”normali”. Sono i “normali” a questo punto che dovrebbero essere chiamati “diversamente abili”. Insomma è un casino. Quando si parla di Pistorius il rischio è quello di fare del buonismo, del politicamente corretto. Piagnistei del genere. Ma in questo caso, effettivamente, poiché parliamo di sport, di regole, di competizione, bisogna parlarne con precisione. Se una protesi è talmente perfetta da dare dei vantaggi a chi la usa si corre il rischio di falsare i valori in campo. Faccio un esempio: un paraplegico che usi una carrozzella potrebbe essere ammesso alla maratona? Io non ho ancora una mia idea precisa sul caso Pistorius. Ma al di fuori del pietismo di routine credo che lo sport abbia perso una buona occasione di mostrarsi “umano”. Massimo Gramellini scrive sulla Stampa che lo sport deve rispettare delle regole uguali per tutti perché “richiede la parità delle condizioni di partenza di chi gareggia”. Posizione a prima vista logica e condivisibile. Ma poi, se ci si pensa un po’, qualche dubbio viene. Che parità ci può essere fra uno malato di cancro ed uno sano? Nel salto in alto che parità di condizioni c’è fra uno alto 1,50 e uno altro 1,90? Nel tiro a segno che parità può esserci tra uno con la vista perfetta e uno miope? Direte: il miope usa gli occhiali. Appunto. Una protesi.Un po’ di umanità, anche a costo di una “ingiustizia” sportiva che avrebbe pareggiato una ingiustizia umana ben più grave, non avrebbe fatto male allo sport. Avrebbe insegnato ai giovani che tutto è possibile, anche nelle condizioni peggiori, se si vuole. E che piangersi addosso non serve. Ma voglio essere ancora meno buonista. Anzi voglio essere cinico. Lo sport avrebbe tratto giovamento dalla presenza di Pistorius alle Olimpiadi di Pechino. La gara di Pistorius sarebbe stato uno degli eventi più visti nel mondo. L’audience televisiva sarebbe stata altissima. Milioni di giovani si sarebbero entusiasmati alla vista dell’indomito Pistorius che gareggiava alla pari con i normodotati. I valori dello sport ne sarebbero usciti trionfanti. Le casse degli organizzatori anche. E in un mondo in cui l’ingiustizia serve sempre a premiare i potenti, per una volta avrebbe premiato anche i migliori.(csf)
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