da Vittorio Grondona – Bologna
Gentile signor Paolo Cape’, mi dispiace, ma non sono d’accordo sulla sua analisi politica. Nel 1998 Bertinotti in sostanza negò la sua fiducia al Governo Prodi a seguito di percorsi democratici interni al suo partito nel corso dei quali si prospettò a maggiornza quella decisione. Cossutta non aderì e il PRC si spezzò. Bertinotti non era nel governo, ma sosteneva la maggioranza dall’esterno. Io aggiungo che sarebbe stato sciocco pensare che nulla volesse in cambio a favore della classe operaia che da sempre egregiamente rappresentava e rappresenta ancora. Il Governo Prodi ad un certo punto fece la conta ed ingenuamente credette di potersi togliere definitivamente dalla coppa il gatto infuriato di RC Fu così sicuro di farcela che rifiutò perfino il voto offerto da Cossiga. Sbagliò i suoi conti per un solo voto e così dovette dare le dimissioni. Subentrò D’Alema, che, detto fra di noi non aspettava altro, consapevole del fatto che in Parlamento la sua coalizione aveva ancora la maggioranza politica. Purtroppo Prodi dietro l’angolo ha sempre qualcuno che lo insidia. Allora c’era D’Alema, adesso c’è Veltroni. Bertinotti può piacere o no, ma credo che sia profondamente ingiusto accusarlo di incoerenza politica e soprattutto di essere stato colui che riconsegnò l’Italia a Berlusconi. In questo clima di completa idiozia politica composta solo da aspiranti ricchi senza un minimo di ideali, il Cavaliere si può riprendere l’Italia quando e come vuole.
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