da Pier Franco Schiavone, Milano
Quando si tocca Cossiga, salta sempre fuori, da qualunque parte si guardi, un estimatore pronto a dire quanto è geniale, quanto è colto, quanto è simpatico. Di Cossiga ho un’idea che non posso dire altrimenti mi arrestano. Però una cosa va detta, siccome siamo un Paese da barzelletta, dove le parole non contano più, dove la storia non la legge più nessuno (anche Grillo dice che non bisogna leggerla) e dove la cronaca è oramai considerata una fiction, è normale che un Senatore, Cossiga, definisca mascalzone un giornalista, Travaglio, in un’aula Parlamentare. Quando ad attaccarlo in maniera squallida provvedono non solo i vecchi nemici, ma anche gente come D’Avanzo, quando un Parlamentare può insultarlo impunemente, fascistamente secondo me, allora si mette a rischio anche l’incolumità della persona. Forse gigioni come Cossiga, geni di tal fatta, non ci pensano, ma in Italia c’è sempre pronto uno più realista del re. Qualcuno spieghi a Cossiga la differenza tra il Senato e il salotto di casa sua, sarebbe ora che capisse.
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