FIGLIO D’UN PRETEda Beatrice Vallarino
Lo aveva incontrato lungo il sentiero andando a casa, era bellissimo e subito Alice se ne era innamorata. Aveva una particolare capacità di incantarla con le sue parole, così dolci e suadenti, così melodiose che Alice ci si perdeva come in un mare di delizie trasportata lontano dalla realtà. Chiacchierando l’accompagnava fino a casa, per poi lasciarla prima dell’ultima curva, giusto per non farsi vedere da nessuno, Alice era consapevole che i suoi si sarebbero subito allertati se l’avessero vista parlare con uno sconosciuto, la mentalità era quella del 1916. Dopo qualche mese di incontri si accorse di non avere più le mestruazioni e capì cosa stava per accaderle. Prima di parlarne con i suoi e di comunicarlo al suo amore, si recò in città nel Duomo per pregare il Signore che l’aiutasse in questo momento così delicato della sua vita ad esaudire il suo sogno d’amore. Era lì davanti alla statua della vergine Maria quando si accorse che la messa stava per terminare ed alzato lo sguardo al prete che salutava i fedeli con l’Amen lo vide! Fu così che Alice da donna innamorata divenne “cosa”, contenitore di vita, e tutti intorno a lei si mossero furtivamente per rimediare a quell’incredibile peccato che aveva commesso, senza cadere in un altro peccato più grave e ignobile, quello dell’aborto clandestino. Trovarono un buon uomo, anziano ma timorato di Dio che l’accolse e la sposò. Visse la sua lunga vita dignitosamente, con il figlio e coi nipoti che arrivarono durante la II guerra mondiale. Penso che non fu mai veramente felice, ma quando parlava seduta sulla panchina dei giardinetti con nonne di petulanti bimbette tra le quali c’ero pure io, non poteva fare a meno di raccontare la storia del suo amore con un velo di nostalgia che la delusione si era ormai spenta lasciando il posto ad una serena rassegnazione.
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