da Paola Altrui, Roma
La prima e unica volta in cui mi sono cimentata nelle prove scritte del concorso in magistratura, ricordo che il Presidente della commissione fu costretto ad interrompere la dettatura della traccia di diritto civile perché fu segnalata, all’esterno dei locali in cui si svolgeva la prova, la presenza di una decina di estranei che origliavano e prendevano appunti (evidentemente, non si trattava di normali passanti né di semplici curiosi). Ne seguì un parapiglia protrattosi per una buona mezzora, fra tentativi di bloccare gli intrusi e di identificarli, inviti ad annullare l’intera procedura, rimostranze varie: la commissione optò ragionevolmente per l’estrazione a sorte di una nuova traccia. Quel giorno, ed il giorno seguente, vari candidati furono esclusi perché trovati in possesso di materiale non consentito; uno, addirittura, fu bloccato mentre si recava al bagno per consultare il palmare nascosto nel calzino. Nonostante io nutra profonda stima per la categoria, una banale legge statistica mi induce a ritenere che qualche “furbetto” sia comunque riuscito a passare (in quella o nelle successive edizioni del concorso): forse, l’adozione di controlli più rigorosi e di misure sanzionatorie più drastiche, tanto nei confronti dei candidati disonesti che dei loro eventuali complici o favoreggiatori, garantirebbe maggiormente sia la collettività che la magistratura.
Nessun commento.
Commenti chiusi.