da Gianluca Freda
Se dovessi spiegare cosa intendo per “mafia”, direi che essa consiste in una situazione sociale in cui le persone rinunciano a esigere diritti e si rassegnano a elemosinare favori. La mafia è potere detenuto da un singolo e ossequiato dalla collettività, anziché l’inverso, che era poi ciò che intendevamo per “democrazia” prima di restarne a corto per eccesso di esportazione. La mafia è una donna che per poter godere di un suo diritto (quello alla salute sua e dei suoi familiari) si rassegna a svenderne un altro (quello alla libertà del voto). La mafia è ciò che divide gli uomini in buoni e cattivi non sulla base del vantaggio o del danno che essi apportano alla collettività, ma del vantaggio o del danno che arrecano ai singoli individui che forniscono la valutazione. La mafia giustifica il protettore di un assassino latitante in nome dell’amicizia personale. La mafia è un gruppo di uomini di sinistra che vota per un democristiano inquisito in nome dell’amicizia personale. La mafia è il privato. La mafia è una malattia del pensiero, un tumore al cervello di cui è ammalata l’intera società italiana. Totò Cuffaro non ne è che un terribile sintomo.
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