da Muin Masri
Samira aspetta e, come tutte le spose, nell’attesa si fa bella, si profuma,si mette il lungo abito bianco. Si siede davanti allo specchio per pettinarei suoi capelli che con il tempo sono diventati grigi. Sì, perché Samira non lo sa o non vuole sapere, ma il suo Munib non c’è più, è stato ucciso in un giorno che non era nè di guerra nè di pace, ma mezzo e mezzo: era una giornata di ritiro. Lui le aveva promesso che sarebbe ritornato appena finita la guerra a Beirut. Lei lo aspetta nonostante siano passati ventiquattro anni dal loro giuramento. Ieri qualcuno dei suoi famigliari, approfittando dalla sua momentanea assenza, ha preso il vestito e lo ha fatto in mille pezzi. Samira, tenace com’è, non si è data per vinta. E’andata immediatamente da Nadia, la vecchia sarta del quartiere, la migliore, quella del primo vestito, che ora non ha più gli occhi per cucire, ma che, con pazienza e con l’aiuto delle altre donne, ne ha fatto uno più nuovo e moderno. Samira aspetta il suo sposo e, come tutte le spose, nell’attesa dorme con il suo vestito bianco.
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