da Pier Franco Schiavone
Me la ricordo la Pivetti coi suoi tailleur, gonna sotto al ginocchio, e i foulard di seta al collo. I capelli li aveva corti, ma non troppo, erano tagliati alla borghese-meneghina-al-funerale-del-vescovo. Subito dopo la sua esperienza istituzionale la vidi in un comizio della Lega in Piazza Duomo a Milano, in camicia verde; tolta la messa in piega sfoggiava riccioloni ribelli e diceva: quando ero lí, in quei palazzi romani, pensavo a voi. Loro, i leghisti, gridavano: viva la Irene, Irene sei una vera Padana. Boccaloni, come sempre. Poi linsospettabile esibizionismo della Irene prese gradualmente il sopravvento e si trasformò in una sorta di Santa Maria Goretti in versione punk coi capelli rasati a zero. Sí, perché lei non ha mai dimenticato di essere la reincarnazione di una vandeana, solo che ha capito che le colonne infernali, memore di quanto accadde 200 anni fa, vanno affrontate mimetizzandosi. Oggi, coi capelli sapientemente permanentizzati, posa con Costantino (il bamboccione tutto muscoli e niente talento) in versione semi-sexi. In una foto sfiora la patta del gagliardo giovanotto. Fossi in lei starei attenta alle donne con lo chignon, potrebbe incontrare la reincarnazione di Nilde Jotti e sarebbero cazzi amari.>
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