da Alessandro Ceratti
L’intervento di Arienti su questo tema mi lascia basito. Lui si domanda: “Perchè un giovane si deve sbattere su materie cervellottiche per avere un pezzo di carta che al massimo gli garantirà un lavoro da operaio o da operatore in un call center?”. E io approfitto dell’occasione per affermare con tutte le mie forze che è ora di finirla desiderare, o anche soltanto immaginare, che la scuola sia utile in quanto può successivamente garantire un lavoro. Vogliamo uscire una volta per tutte da questa follia che è praticamente diventata un luogo comune? Perché mai lo stato dovrebbe sobbarcarsi l’onere di fare la formazione professionale che invece toccherebbe alle aziende in cui si lavorerà? La cultura è un bene in sé, non ha bisogno di avere un riscontro commerciale per essere considerata valida e desiderabile. Si tratta con tutta evidenza di sovvertimento dei valori. Si lavora (perché purtroppo si deve lavorare) per poter permettersi, nel tempo che avanza (il più lungo possibile ovviamente) di studiare fisica delle particelle e filogia romanza!
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