da Peter Freeman
Caro Csf, è vero che il debutto non è stato granché; che la querelle sulle presidenze delle camere non è stato un bell’inizio; che ancora non sappiamo che cosa ci riservi il 28 aprile, quando i neoeletti di Camera e Senato eleggeranno i rispettivi presidenti. Tutti noi ci aspettavamo altro: che l’accordo sulle presidenze fosse cosa rapida, condivisa e pacifica, senza che nessuno alzasse la voce; che Romano Prodi potesse formare il suo governo senza incontrare ostacoli; che l’opposizione evitasse tutto quello che ha invece prodotto. Tuttavia non mi scandalizzo, e vorrei che cercassimo di vedere le cose con un minimo di obbiettività, fermo restando l’opinione di ciascuno e le simpatia/antipatie politiche che, ovviamente, abbondano. Mettiamola così: la presidenza delle camere non è questione insignificante, tanto più con le incognite che ci si presentano. E le richieste di ruolo – che è qualcosa di meglio e di più importante della visibilità – avanzate dai singoli partiti non sono cose trascurabili, certo non in politica. E’ così, ci piaccia o meno. Ora, vediamo i numeri, che in politica contano, eccome. Alla Camera l’Ulivo ha il 31 per cento dei voti, al Senato i DS il 17 virgola qualchecosa, la Margherita sta intorno al 10 per cento. In buona sostanza, l’Ulivo (o i Ds più Margherita, se preferite) totalizzano il 62 per cento dei voti di coalizione. Ora, se la politica non è un’opinione (e pure la matematica), pensare che con il 62 per cento si possa pretendere di fare man bassa di tutte le cariche a disposizione (le due presidenze delle camere e, magari, anche la presidenza della repubblica qualora Ciampi si tirasse indietro), è un’idea quanto meno singolare. Qualcosa lo devi mollare, insomma. Lo so, a molti questo genere di ragionamento non piace, sa di manuale Cencelli o peggio, ma la politica – di qualsiasi Paese democratico – non ne prescinde. Quindi il secondo partito della coalizione ha più di una ragione per richiedere una presidenza. A molti Bertinotti non piace, ad altrettanti non piace D’Alema, ma questo è un altro discorso.
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