di Andrea Garbarino
Credo anchio, con Veneziani, che si possa scrivere per non suicidarsi. Per trovare sulla pagina unalternativa alla maledetta realtà, sempre così ostruzionistica, come diceva Eric Ambler. Sulla pagina bianca sei padrone. Puoi mettere ordine, azzerare i contatori e rimontare la vita delluno e dellaltro come ti pare. Puoi uccidere qualcuno senza torcergli un capello. Puoi affogare te stesso, con al collo le pietre di tutti i tuoi errori, e reincarnarti in un essere senza passato. Infinitamente mansueto e consapevole. Puoi trasformare un pavido in eroe e sbattere nel fango un trombone. Purché la storia sia credibile, almeno quanto le bugie che diciamo, nella vita reale, quasi tutti i giorni.
“La felicità siamo noi, a mani nude, dice a un certo punto Homero Bordèl, il personaggio del romanzo di Garbarino (Luz, Marco Tropea editore). Tutti la cercano, a modo loro, in questo libro per metà d’azione ( la storia di un attentato a Fidel Castro) e per metà d’introspezione. Andrea me lo ha appena mandato ed io sto pian piano entrandoci. Tra un’azione e una introspezione c’è tanta legna da spaccare, attività nella quale Garbarino ha maturato un’invidiabile esperienza qui in Trentino, dalle mie parti. “Spaccavano i ciocchi in quattro lunghi spicchi, digeribili dalle stufe. Alcuni si squarciavano in un sol colpo su un’anima bianca e fragrante come il pane. Altri, nodosi e più duri d’un paracarro, resistevano strenuamente al loro destino. Anche con gli uomini va allo stesso modo, pensò Zeno. Alemarco, forse per questo, coi ceppi ci parlava. A ognuno intimava di stare fermo, mentre faceva calare la scure. I più duri a morire li insultava, promettendo loro orrende sofferenze… ” Da un po’ di tempo Garbarino non viene più a spaccare legna, forse perché scrive, forse perché ha saputo che ho comprato una macchina spaccalegna automatica. Io in attesa del suo ritorno, ogni tanto, pubblicherò piccoli brani del suo libro (csf)
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