da Elisabetta Facco
Confesso che inizialmente la candidatura di Vladimir Luxuria mi aveva lasciato piuttosto perplessa. Non tanto per la transessualità della persona come fatto in sè, o per il look come si suol dire “trash”, ma per il timore di offrire il fianco ad ulteriori inutili critiche per il centrosinistra e per il rischio di perdere i tanto desiderati voti dei moderati di centro, i famosi indecisi. Passano le settimane e Luxuria si dimostra un personaggio di tutto rispetto. Simpatica. Pacatamente polemica. Dotata di un umorismo soft ma seria quanto basta. Ora, dopo che Lombardo l’ha insultata e bersagliata di finocchi (seppure fatti a pezzettini per non far male), Luxuria assurge ad icona della campagna elettorale, in contrapposizione a personaggi sordidi come alcuni leghisti o agli spioni di An. Non credevo possibile che si potesse tornare agli sberleffi, alle offese, alla messa alla berlina del diverso con tanto di becera simbologia ortofrutticola. Intolleranza da avanspettacolo, tentativi di ricreare stereotipi che credevamo di aver seppellito trent’anni fa. Eppure sta accadendo. In un niente ci ritroviamo a dover lottare per non perdere posizioni che credevamo ormai acquisite. A quando il ritorno al delitto d’onore, alla sottomissione delle donne legittimata per legge, all’arresto degli omosessuali, al rogo dei barboni?
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