da Muin Masri
Il nostro vecchio era un vero Sufi di quelli belli e puri e fin troppometafisici. Da bambini ce la menava sempre con sta’ storia della morte: “e’dolce come la vita, non si puo’ avere paura di una cosa certa, e’ sempre alvostra fianco come una fedele compagna…” e cosi’ via da colazione a cenasenza poter toccarci le palle per rispetto. Un giorno, cresciuti, l’abbiamofatto arrabbiare e gli abbiamo chiesto se poteva dimostrare quello chediceva. “Volete un segno? Bene, un giorno, InshAllah, vi soddisfero’ gentedi poca fede!” Passò tanto tempo e ci eravamo abituati a vederlo vivo finoad un mattino presto quando e’ arrivato il suo momento, trac, senza grida nèdolore solo un lieve respiro. Si era addormentato per sempre sul suo lettomatrimoniale. Il giorno dopo il fratello piu’ grande mi chiamo’ dandomi lanotizia. Gli chiesi “come e’ andata?”. “Bene”, rispose, “ieri dopo che l’holavato, profumato, messo il pezzo di cotone nel buco nero e di biancovestito, l’ho guardato a lungo: era disteso e, come sempre, bellissimo. Labarba corta era leggermente cresciuta, il corpo rilassato, la boccaaccennava un piccolo sorriso, la mano destra con un pugno semi chiuso e ildito medio leggermente curvo e alzato”. Eravamo felici per lui che serenoaveva vissuto e delicatamente aveva varcato la porta del mistero.
PS. non ho paura della morte, ma da quando mi è nata la piccola ho una fifanera di volare!
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