DIMMI DAMMI FAMMI
Libro scritto una decina di anni fa e adesso riscritto e ristampato. Uscirà oggi, o forse domani, o forse dopodomani. Comunque di qui a qualche giorno, spero in tempo per la Festa della Donna. Ecco un capitoletto di anticipo. Valga come aperitivo.
LE COSE CHE LUI VORREBBE CHE TU FACESSI E TU NON FAI MAI
Restare immobile quando lui guarda la partita di calcio
Devi ammetterlo, ci sono alcune cose che ti riescono alla perfezione. Anche cose difficili, cose che richiedono istinto e sincronizzazione dei movimenti. Tu hai capito a che cosa sto alludendo. Mi chiedo: come fai a indovinare sempre qual è il momento giusto per alzarti improvvisamente dalla poltrona e passare lentamente, lentamente, lentamente – dio mio quanto lentamente – davanti al televisore proprio mentre il bomber interista carica il destro, molla un’orribile legna che colpisce l’arbitro, inganna il portiere che si tuffa a destra gettando nella disperazione i difensori laziali che vedono il pallone rotolare inesorabilmente in fondo alla rete e la partita irrimediabilmente compromessa? Come fai a calcolare così esattamente i tempi tanto che appena il tuo culone si è tolto di mezzo, ponendo fine all’eclisse totale di video, ciò che si vede sono venticinque persone impazzite, alcuni che protestano, altri che scappano, altri che urlano di gioia, e non si sa che cosa sia successo, forse goal, forse rigore, forse invasione di campo, forse è finita la partita, forse cartellino rosso, forse è iniziato un documentario su Timor Est. Allora lui urla la sua disperazione. In qualche ambiente, tipico del disagio sociale di certe periferie metropolitane degradate, la Magliana, Testaccio, via Bianchi, Scampia, luoghi dove un vigile urbano non osa entrare da trent’anni a questa parte, l’ultimo che lo ha fatto è ritornato in dodici comode rate mensili, la scena ha momenti di tensione decisamente più preoccupanti, propedeutici all’omicidio preterintenzionale, roba che non c’è indulto che tenga. Urla la sua disperazione e si dimena. Ti ricorda le tue origini popolari, di quanto gli sia costato toglierti dal marciapiede. È a questo punto che tu ti piazzi davanti al televisore al plasma costato un occhio della testa, ti metti le mani sui fianchi e cominci: «Insomma…» Non sono molto importanti le parole che tu pronunci dopo «Insomma». Lui non le ascolta e d’altronde nessun uomo nelle sue condizioni le ascolterebbe. L’importante è che tu ti renda conto che la parola “insomma” è una specie di parola d’ordine, quasi un comando. Alla parola “insomma”, mentre tu te ne stai lì, bella piazzata davanti al plasma, i tecnici della Rai fanno partire il replay. E così anche la ripetizione rallentata dell’azione misteriosa che si è svolta all’insaputa del pover’uomo è ineluttabilmente perduta. C’è un unico sistema per risolvere casi del genere. Scartata la soluzione, piuttosto brusca, di legarti alla sedia della cucina a sua volta incatenata al termosifone di ghisa, opzione che alcuni giudicano drastica ma che vince su tutte le altre per efficienza e per l’ottimo rapporto costi/ricavi, molti decidono di appendere la televisione al soffitto. Soluzione un po’ futurista, decisamente scomoda, che richiede fastidiose spiegazioni quando viene gente a cena. E nemmeno tanto sicura. Non si ha idea di che cosa sia capace di inventare una donna pur di frapporre il suo flaccido corpaccione fra il suo uomo e il tiro di uno stronzo di bomber interista deviato da uno stronzo di arbitro che inganna un incolpevole portiere laziale consentendo allo stronzo pallone di rotolare drammaticamente in fondo alla rete consegnando agli stronzi nerazzurri l’immeritato successo. Credetemi: la soluzione migliore è quella della corda. Legata alla sedia della cucina, non resta altro che convincere la donna che si tratta di un raffinatissimo gioco erotico sadomaso che avete letto nella versione originale di Emmanuelle.
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