IL FANTASMA DI CORLEONEcinema Mexicovia Savona 57 – Milanotel. 02 48951802da sabato 1° aprile 2006
Da un articolo di Marco Occhipinti, Venerdì di Repubblica – 24 marzo 2006
Si chiama “Il fantasma di Corleone”, narra i 42 anni di caccia a Bernardo Provenzano, capo supremo di Cosa Nostra. Realizzato da un regista palermitano ? Marco Amenta ? che ha trovato i finanziamenti dalla TV tedesca e dal ministero della Cultura francese, ma nessun aiuto in Italia.
“Come è possibile che un uomo riesca a vivere nascosto su un¹ isola per più di 42 anni braccato da centinaia di poliziotti, e continui ad essere il capo supremo di Cosa Nostra?! E’ la domanda da cui parte il film che esplora un buco nero di quasi mezzo secolo, attraverso testimonianze dirette, deposizioni processuali audio e video e spezzoni di tg. Ma soprattutto ripropone l¹interrogativo di partenza: “come è possibile?”.
Menzione a parte meritano i documenti originali del lavoro svolto da Amenta, rispettivamente sulle luci e le ombre dell¹antimafia.
Il pm Guido Lo Forte, impegnato in primo piano sulle stragi di Falcone e Borsellino, spiega pesando le parole: “qualcosa l’ha protetto. Una rete di insospettati, più che insospettabili, che il capo mafia ha creato intorno a sé”. Per un altro procuratore simbolo, Roberto Scarpinato, “Provenzano non è un mostro solitario assetato di sangue e denaro, così diverso da noi, ma una parte di questa società, e dalle indagini viene fuori che è stato protetto”. O ancora Salvatore Traina, avvocato difensore del boss, l¹unico in questi anni autorizzato per legge a incontrarlo, sostiene con parole sibilline “perché non lo trovano?, perché lo cercano tra i criminali”.
Ognuno degli interpellati prova a tracciare un identikit morale del grande latitante. Un maestro della mistificazione “da giovane soprannominato u tratturi, il trattore, racconta Scarpinato, per come falciava i suoi nemici nella scalata che ha portato i corleonesi a comandare sugli altri clan dopo 5000 morti ammazzati. Per lui, secondo lo psicologo Girolamo Lo Verso, consulente di molti giudici, “come recita un detto siciliano, comandare è meglio che fottere. Lui non si considera un killer, ma un generale che lotta per il Bene”.
Nel finale del film l’autore azzarda “l’ipotesi di un patto diabolico tra mafia e Stato” e a pochi giorni dal debutto riflette: “non è un caso se questo film non ha trovato finanziamenti in Italia. L’ha prodotto mia sorella Simonetta grazie al contributo della tv franco-tedesca Artè e del Ministero della Cultura francese, e vado fiero del patrocinio dell’associazione Libera di Don Luigi Ciotti. Solo quando sarà rotto questo patto, in piedi dal dopoguerra ad oggi, si risolverà il paradosso di uno Stato che da un lato dà la caccia ad un uomo e dall¹altro se ne serve e lo protegge”.
Il gestore del cinema Mexico ha detto che lo tiene finche’ …’tira’.Ci date una mano?Grazie a tutti.silviapalombi(LIBERA – Lombardia)
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