26 gennaio: a Bamako
Giornata fiacca a Segou. Mangio troppo e entro a far parte di coloro che hanno problemi. Non sto a dirvi quali. Segou è una città molto bella, piena di ville eredità dei tempi coloniali e con una magnifica passeggiata sul Niger. Stanno preparandosi per il festival che inizierà fra qualche giorno. Mi assicurano che la mia valigia è in trepida attesa a Bamako e mi commuovo. Vedo che il blog è pieno di consigli e di domande. E anche di rimproveri, alcuni dei quali fondamentali, come quello di Aldo Vincent sulla differenza fra cammelli e dromedari. Leggo anche che in Italia siete oppressi da due drammi, il maltempo e le comparsate televisive di Berlusconi. Pensate: io muoio dal caldo e niente premier. Arrivo a Bamako che non sto ancora bene. Le altre vanno a mangiare io a dormire. La mia femminilizzazione ha avuto una conferma. Ieri alcuni bambara, vedendomi armeggiare con la video camera, mi hanno chiamato: “Ehi, camerawoman!”. Sabato il gineceo mi lascia. Torna in Italia. Io, Annette e Raffaella continuiamo per altri sette giorni ancora e andremo a Segou per il festival. Mentre sto scrivendo queste note accanto a me c’è Ananita Traoré, imponente, tutta biancovestita. Siamo infatti scesi nel suo albergo e stasera andremo a mangiare nel suo ristorante, il Santoro (non dite a Michele che c’è un ristorante col suo nome). Unico difetto: non si beve birra. La padrona dell’albergo impone le sue scelte e le sue convinzioni. Non mi piace. (csf)
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