(dall’Unità)
È comprensibile che Lucia Annunziata non voglia «passare alla storia come quella che ha chiuso Raiot». Ma è difficile che riesca a evitarlo, visto che alla morte prematura di quel programma di successo l’allora «presidente di garanzia» collaborò attivamente. Impossibile, in poche righe, ricostruire l’intera vicenda (l’ho già fatto in «Regime» e in «Inciucio»). Qui mi limiterò a rispondere ai tre interrogativi che la signora mi ha posto ieri sull’Unità.1 – «Perché Sabina Guzzanti non aveva pronta una seconda puntata da mandare in onda?». La circostanza è semplicemente falsa. Ricapitoliamo. La prima puntata di Raiot è prevista il 16 novembre 2003. Il direttore di Rai3 Paolo Ruffini, dopo averla approvata entusiasta sabato 15 durante la registrazione, cambia idea nella notte e la domenica pomeriggio annulla il programma dopo essersi consultato – scrive l’Ansa su una nota della Rai – «con Cattaneo e con la Annunziata, che s’è detta d’accordo». La scusa escogitata è il lutto per la strage di Nassiriya, che però risale al 12 novembre: il 13 Ruffini, Sabina e l’Annunziata hanno presentato Raiot alla stampa, per tutta la settimana la Rai ha mandato in onda i trailer del programma con la data del 16, oltre a trasmettere programmi ridanciani come Affari tuoi e sguaiati come l’Isola dei famosi. Infatti Andrea Salerno, dirigente di Rai3 responsabile di Raiot, parla subito di «scelta censoria». Sabina denuncia la censura in una conferenza stampa. Alle 19,19 Ruffini, con un nuovo voltafaccia, decide la messa in onda. Ascolti altissimi, fino al triplo della media di Rai3.Il lunedì esplode la polemica. Il martedì tutto il Cda (Annunziata compresa) vota la «sospensione» sine die. Intanto Sabina ha già registrato circa un’ora di sketch per la seconda e la terza puntata. Il resto della seconda, da «girare» fra il giovedì 20 e la domenica 23, non viene più registrato per la semplice ragione che la «presidente di garanzia» e i 4 consiglieri della Cdl hanno sospeso il programma. Visto che, diversamente dalla signora Annunziata, sono abituato a documentarmi, so che è tutto scritto nel «diario di produzione» che Salerno inviava a Ruffini e Cattaneo per informarli del lavoro svolto. So che Salerno sarà felice di fornirle il vhs con gli sketch inediti di Sabina, che da due anni riposano nei cassetti del Nucleo Produttivo Rai3 in attesa che qualche campione della libertà li mandi in onda. Salerno è stato punito dalla Rai della «presidente di garanzia» Annunziata con 10 giorni di sospensione dal lavoro e dallo stipendio (anticamera del licenziamento), per la grave colpa di «collaborazionismo» con Sabina. Cioè per aver fatto bene il suo lavoro. Non ricordo parole di solidarietà a Salerno dalla «presidente di garanzia»: mi sono distratto io, o magari lei?2 – «Come si passò dalla “sospensione” decisa dal Cda alla trattativa per chiudere il programma? Chi la condusse? (Raiot venne “sospeso”, anche col mio voto, dal Cda e non “chiuso” proprio per trovare una soluzione)». Non so quale «soluzione» andasse cercando l’Annunziata quando approvò la sospensione di Raiot senz’altro motivo se non la censura politica. Era evidente che i quattro del Polo – dopo le pressioni e le denunce di Mediaset- non intendevano rimandarlo in onda. E lei si limitò a dire: «La sospensione di RaiOt è temporanea. Cattaneo e Ruffini indichino la data della rimessa in onda».Naturalmente nessuno dei due la indicò, e il programma fu chiuso. E Ruffini & Annunziata? Silenzio di tomba. Per ulteriori informazioni ci sarebbe pure l’allora presidente della Vigilanza Petruccioli, che ricevette tutto l’incartamento e parlò financo di «censura».3 – «È vero che venne accettata una transazione economica in cambio della chiusura? Si può transare sulla libertà di espressione?». La transazione, come nel caso di Enzo Biagi, non fu la causa, ma l’effetto della censura, cioè dell’annullamento del programma. Ma non riguardò Sabina, che anzi fece causa alla Rai. Riguardò il produttore, che doveva pagare chi aveva lavorato alla prima puntata e s’era visto bloccare i pagamenti dalla Rai (vedi lettera di Valerio Terenzio, a pag. 26).Dunque non ci fu alcun mercimonio sulla libertà di espressione. Almeno da parte di Sabina Guzzanti. Da parte di chi è tornata sul luogo del delitto, a lavorare per la rete che espulse Sabina, non saprei.
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