da Peter Freeman
Caro Csf, io non lo so se Giovanni Consorte ha commesso o meno i reati per i quali e’ indagato. Da quel poco che ho capito, leggendo i resoconti dei giornali, pare che Consorte avrebbe guadagnato 1,6 milioni di euro in plusvalenze grazie alle operazioni effettuate sui conti della Banca popolare di Lodi. 1,6 milioni, mica bruscolini. Non e’ chiaro che destinazione abbiano fatto quei soldi, se siano finiti nelle tasche di Consorte o, invece, nel patrimonio Unipol. Prima o poi sapremo. E tuttavia un paio di cose andrebbero dette. La prima. Da diversi mesi, da quando cioe’ si e’ aperto il casino, leggo dichiarazioni dei massimi dirigenti della Quercia del seguente tenore: Unipol e’ un’azienda finanziaria come tante ce ne sono, e come le altre ha il diritto di muoversi sul mercato, acquisire, eccetera. Le cose non stanno esattamente cosi’: per le cooperative esiste una legislazione ad hoc, proprio per tutelarne la “diversita’”, a cominciare dalle sue ragioni sociali. Ancora ieri, in un bar nei pressi di Montecitorio, ho orecchiato la conversazione tra due deputati dei Diesse. Il sunto: c’e’ un complotto di giudici e poteri forti per bloccare l’Opa su Bnl. Piu’ o meno gli stessi discorsi che ho sentito fare da esponenti di altri partiti ai tempi di Tangentopoli: complotto, poteri forti e via dicendo. Il secondo punto. Attendiamo pure l’esito delle indagini, ma sarebbe giusto, credo, che un signore che, utilizzando il nome (o il buon nome) del movimento cooperativo, ha realizzato, assieme ai personaggini che conosciamo, un profitto di 1,6 milioni di euro, fosse gentilmente accompagnato alla porta: fuori di qui e non farti piu’ vedere. Non accadra’, ovviamente.
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