da Alessandro Ceratti
Si fa un gran parlare di acqua, bene primario che deve rimanere pubblico, sul quale non si deve fare business. Bene, sempre nella mia qualità di assessore ho partecipato a delle riunioni provinciali dell’ATO (Ambito territoriale ottimale) nel quale si programmava o organizzava la gestione dell’acqua nei prossimi decenni. In buona sostanza, secondo un meccanismo piuttosto elaborato, la nostra giunta provinciale di centrosinistra ha previsto un incremento delle tariffe dell’acqua del 50% nel prossimo decennio. Certo, il denaro incassato dovrebbe servire per rimodernare la rete idrica e fognaria, ma, a dire il vero, nella provincia di Milano non mi pare che si siano mai verificate emergenze rilevanti in questi ambiti. Due cose mi hanno dato particolarmente fastidio: la prima è che si prevede questo grande aumento senza che veramente ci sia un piano degli interventi necessari e inderogabili da eseguire sulle reti. Si incassa e poi si farà manutenzione. E se i soldi incassati saranno troppi? Che cosa faremo: fodereremo le fogne di lastre d’oro? La seconda è che io ho votato a favore. E’ stata veramente una votazione bulgara. Un centinaio di votanti: 99 favorevoli, un astenuto (non ero io). Il tutto con buona pace dei rifondaroli la cui unica preoccupazione era quella che nel nuovo assetto societario non ci fosse traccia di quote private.
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