Contrordine di Alessandro Robecchi (Il Manifesto, 30-10-2005) – grazie a Paola Bensi
Il signor ministro del disastro economico Giulio Tremonti aveva occupato la sua scrivania al ministero dell’economia nel 2001 con un’aria burbanzosa e scanzonata. Fece notare che aveva la scrivania di Quintino Sella (me’ cojoni!), mostrò alle compiacenti telecamere un grafico da cui risultava che il governo uscente gli aveva lasciato un buco spaventoso, e si accinse subito al suo lavoro di stregone dei numeri. Qualcosa nella magica pozione non ha funzionato, nemmeno le alchimie contabili, le entrate una-tantum, i condoni. E quanto agli immobili pubblici messi in vendita, si sa che qui nessuno è fesso, e davanti ai cartelli «vendesi» gli italiani hanno fatto marameo. Le roboanti previsioni sul miracolo italiano venivano ritoccate ogni giorno. La stima del prodotto interno lordo calava a vista d’occhio, praticamente minuto per minuto, ritoccata di mezzo punto, di un punto, di un punto e mezzo. Gli italiani prima di uscire di casa guardavano le previsioni del tempo e la nuova stima del pil, tanto per sapere ogni mattina di quanto erano più poveri grazie alla nuova banda del buco, e di quanto si era sbagliato Tremonti. Come finì è noto, con le orecchie sempre più basse e l’aria sempre più afflitta, il Tremonti dovette andarsene, sfiduciato da Gianfranco Fini in vena di antagonismo. CONTINUA…
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