di Luca Di Ciaccio
L’isola del Popolo, o forse sarebbe il caso di dire l’isola del Famoso come titolavano l’altro ieri quei soliti comunisti dell’Unità, mi appare nel verde stento di una periferia tecnologica e penitenziale allo stesso tempo, è appena fuori Roma ma potrebbe essere ovunque, fuori da qualunque cosa, dentro tutto. La Nuova Fiera, gioiellone urbanistico peraltro tirato su dalle ormai passate amministrazioni romane di centrosinistra, è un posto enorme e praticamente irraggiungibile. Un bianco, labirintico blocco di tubi, vetro e cemento sorto nel bel mezzo del nulla. Con la mia amica Flaminia e un paio di provvidenziali inviti decidiamo di infilarci nel primo solenne congresso del Popolo della Libertà. Attraversiamo interminabili scalinate, incongrui ascensori, lentissimi sferraglianti tapis-roulant, infiniti camminamenti sotto un cielo di indecifrabile biancore. Ogni tanto un cartello surreale: “Area smoking & relax”. (continua a leggere)
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