da Paolo Beretta
Antonino Pisana è scettico sull’omeopatia; ne ha tutto il diritto e ne rispetto l’opinione. Quello che mi convince di meno è un approccio del tipo “se Lancet dice che l’omeopatia è una balla, allora è una balla”. In realtà, per esempio, parlare di disturbi psicosomatici ad una qualsiasi Accademia delle Scienze del diciannovesimo secolo equivaleva a farsi buttare fuori (come, operaltro, parlare di batteri nel diciottesimo secolo). Queste erano le posizioni della Medicina Ufficiale, della Scienza con la esse maiuscola (per capirci quelle che, al tempo, avrebbe difeso un eventuale CICAP), posizioni che si sono poi rivelate completamente sbagliate. In compenso, i Cinesi conoscevano la psicosomatica dal 2600 A.C. circa (stesura del NeiJing Suwen), mentre noi abbiamo dovuto aspettare il ventesimo secolo. Questo è il punto: è importante, in modo particolare proprio per la scienza, non precludersi nuovi orizzonti e punti di vista. Leibniz osservava che “una teoria è una valida spiegazione della realtà finché non se ne trova una migliore”. Per anni la gravità newtoniana è stata sufficiente a spiegare certi fenomeni, finché non è arrivato Einstein, che, per inciso, ha avuto pure lui i suoi bei problemi a far accettare le sue teorie rivoluzionarie. Oggi l’omeopatia è considerata, dalla scienza medica, qualcosa di inconsistente. Forse è vero o forse, tra vent’anni, si scopriranno meccanismi che sono in grado di spiegarla scientificamente. Se però ci crogioliamo nella convinzione di sapere tutto, non lo scopriremo mai. Il mio maestro diceva “meglio solidi dubbi che fragili certezze”: già, perché alcune certezze si rivelano molto, molto fragili. Come vasi di coccio.
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