da Guglielmo Calori, Milano
Lavorando nel Private Banking, conosco tutto ciò che concerne lo scudo fiscale in maniera abbastanza approfondita. Vorrei quindi tranquillizzare il signor Cape’: sappia che non è assolutamente impossibile per il sistema bancario e quindi per il fisco, sapere quanta parte dei capitali rimpatriati è poi ripartita verso l’estero e, comunque, le posso assicurare che tende allo zero assoluto. Se non altro perchè c’era la possibilità di regolarizzare i fondi esteri lasciandoli dove erano. In merito poi all’acquisto di immobili con fondi esteri, è chiaro che, se dichiarati al fisco, non sussistono problemi, ma se non lo sono, si tratterebbe di un pagamento “in nero”. In tal caso, sia compratore che acquirente devono essere d’accordo. E qui giungiamo al punto che accomuna le osservazioni di Cape’ e D’Adamo: lo scudo fiscale ha giustificato e perdonato chi per anni ha accumulato illegalmente soldi all’estero alla faccia di tutti gli altri cittadini onesti. Credo sia ora di finirla con questa ipocrisia. Io sono un lavoratore dipendente e quindi tassato alla fonte: non ho possibilità alcuna di evadere e mi dà molto fastidio sapere che in Italia esiste un corposo PIL parallelo di sommerso. Ma, se quando ne ho l’opportunità, io stesso, per risparmiare, non chiedo la fattura o la ricevuta fiscale all’artigiano, al commeciante, al professionista, non posso poi lagnarmi dell’esistenza del nero. Quando un carrozziere o un imbianchino o chi volete voi ci dice:”1.500 euro senza ricevuta o 2.000 con” quanti di noi lo denunciano?
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