da Massimo Mario, La Spezia
La mia conoscenza della legge si ferma a quel po’ di Codice Civile che inculcano ai ragionieri, oltre ovviamente al senso comune necessario e sufficiente a rimanere fuori dai guai per 40 anni. Mi pare però di aver capito che limiti alla libertà di abbigliamento derivino, oltre al citato “comune senso del pudore”, anche dall’obbligo del cittadino di rendersi riconoscibile. Essendo io stato men che ventenne negli anni caldi del terrorismo mi ricordo quando si diceva che girare col casco era la maniera migliore per cercarsi una pistolettata da un poliziotto nervoso; leggenda metropolitana o no, ancora mi sento a disagio a metterlo se non sono in sella. Non stiamo nemmeno parlando di ipotesi, al di là dal Mare Nostrum le donne intabbarrate sono l’incubo di tutte le forze di sicurezza. E dopo l’ennesima raffica di minacce mi chiedo perchè se io non posso entrare in banca con la calzamaglia sulla faccia o il casco integrale, chicchessia, e intendo: veramente può esserci qualunque cosa sotto un burqa, deve poter andare in giro mimetizzato a piacimento. Essere accolti in un paese significa anzitutto accettare le regole di chi già ci vive, io che sono naturista non è che pretendo di andare in giro per la città come se fossi Adamo appena piovuto nell’Eden solo perchè lo declamo uso e costume della mia genia.
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