da Gianluca Freda
Caro Urbani, condivido in pieno la sua definizione di “clandestino”, ma penso che la lotta alla clandestinità non si faccia deportando migliaia di esseri umani dove verranno imprigionati, torturati o uccisi, in barba ad uno dei principi più importanti del nostro diritto costituzionale; la lotta alla clandestinità si fa con la regolarizzazione, senza se né ma, per chiunque venga da paesi che non rispettano i diritti civili, salvo i casi di pericolosità sociale comprovata. Non ho dimenticato i meriti di Di Pietro, ma la storia mi ha insegnato a non fidarmi di chi parla di moralizzare la vita pubblica e allo stesso tempo disprezza la sofferenza e la vita altrui, e non mi va di correre rischi. Di Pietro è persona che non ha mai corrotto, né si è lasciata corrompere, ma questo è dell’onestà il minimo sindacale; dietro le parole di Di Pietro, apparentemente innocue, io vedo la morte e la sofferenza di migliaia di persone, da cui una persona onesta e giustamente desiderosa di una moralizzazione del paese non dovrebbe mai permettersi di prescindere.
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