da Pier Franco Schiavone, Milano
Carla Bergamo, ignorando l’aspetto dolce del ricordo, la delicatezza della memoria in persone che sfiorano i cinquant’anni, parla di traumi del peccato e liquida i sentimenti in una battuta tra parentesi. A casa mia non si parlava mai di peccato in senso traumatico. Era sí peccato buttare il pane, fare del male, rompere un oggetto, maltrattare il gatto, ma era un linguaggio popolare che mutuava la terminologia religiosa per spiegare quali azioni erano ritenute più o meno degne. A meno che Carla non si riferisse alla guerra come peccato collettivo trasmesso in eredità ai figli. Cara Carla, eviterei gli psicologismi, soprattutto quando non si sa di cosa si stia parlando; molti degli attuali cinquantenni hanno studiato, vivono nelle grandi cittá, hanno imparato ad utilizzare il computer, viaggiano e leggono. Se di tanto in tanto si lasciano andare alla nostalgia della fanciullezza, lasciamoli stare, colgono l’occasione per ricordare con tenerezza i genitori che sono morti, il maestro di scuola, le carrozzelle di legno coi cuscinetti a sfera, gli ingenui misirizzi che tanto li divertivano, insomma tutte quelle piccole cose che hanno segnato la loro vita e che permettono loro di guardare con disincanto il mondo di oggi.
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