da Vittorio Grondona – Bologna
Da ragazzo, mi riferisco agli anni 50, con il verde più assoluto nelle tasche passavo le domeniche insieme ad altri sfigati come me girando avanti e in dietro per i Giardini Margherita di Bologna nella remota speranza comune di riuscire ad agganciare prima o poi qualche ragazza. Ci sarebbero andate bene tutte, ma ciò nonostante era quasi sempre un’impresa intortarne anche una sola. Verso sera, stanchi, ma ancora fiduciosi, rimandavamo la continuazione della caccia alla domenica successiva. Una pizzetta (lire 50) e via al cinema (lire 80/100). Sapevo dell’esistenza del telefono, ma non avevo ancora provato l’emozione di parlarci dentro. Allora la miseria era un bene generale e quindi non interessava per niente tenerla nascosta. Voglio dire che si usciva tutti di casa serenamente e si poteva anche vedere la TV in qualche bar di poche pretese. Il progresso ha inventato le firme, le auto, i telefonini, e tante altre diavolerie il cui acquisto a rate ha creato in alcuni un’illusione di benessere. Tutti ricchi insomma! Non è così però! Moltissimi poveri di oggi affrontano optorto collo la loro condizione con dignità. Con una scusa qualsiasi non partecipano più alla vita sociale insieme a quelli che si credono ricchi. Stanno chiusi in casa, non vanno in ferie, mangiano poco e spesso non possono curarsi… Forse al massimo guardano la TV. Con sacrificio procurano un telefonino (usato) ai loro figli per non farli sfigurare tra i coetanei benestanti nel nostro paese dei balocchi perpetui dove l’unico scopo è quello di apparire. Queste sono le persone che il signor Claudio Urbani non vede nei ristoranti affollati e nelle spiagge succhiasoldi delle nostre inquinate riviere.
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