da Gianluca Freda
In effetti, uno dei più grandi mali del nostro tempo è quel devastante corollario dell’individualismo che impedisce di concepire un qualsiasi sistema etico che abbia per coordinate le necessità di una collettività nel suo complesso, anziché i valori personali. La morale antica era una morale sociale: il divieto di bigamia nacque dall’esigenza pratica di tutelare l’ordine pubblico evitando faide familiari; l’anatema contro l’incesto nacque da intuibili esigenze di tutela eugenetica dei gruppi; la proibizione di desiderare la roba e la donna d’altri, il divieto di mangiare certi animali o consumare certe bevande nascono da altrettante necessità di ordine sociale e profilassi. Al contrario, l’avversione alle adozioni gay sacrifica molte esigenze sociali concrete (quella di uomini, donne e bambini a sentirsi parte di un gruppo socialmente riconosciuto) sull’altare dei personalismi etici più astratti ed egoistici. Non c’è contatto col mondo nel rifiuto di riconoscere alle minoranze i nostri stessi diritti, solo presunzione, isolamento, e quella prigioniadisperata nelle proprie astrazioni teoriche che è la peste dell’etica e del vivere civile di oggi.
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