da Vittorio Grondona – Bologna
La durata del processo è direttamente proporzionale all’importanza e alla ricchezza dell’accusato. Se un poveraccio ruba un pezzo di pane per sfamarsi dopo pochissimo tempo è già in galera, processato per direttissima senza possibilità materiale di disporre dei costosissimi tre gradi di giudizio, difeso nel primo ed unico grado da un avvocato d’ufficio alle prime armi. Se l’imputato invece è potente e ricco sfondato, il suo processo dura giusto giusto fino a quando il reato attribuitogli non sia distrattamente caduto in prescrizione fra gli ohh di meraviglia, con ricorso per tutto l’iter processuale all’assistenza di qualità fornita da uno stuolo di avvocati di grido, magari, per ironia della sorte, pagati col frutto del reato prescritto. Oggi poi è di moda il patteggiamento. In pratica nel nostro paese si può truffare e mandare sul lastrico una caterva di persone volutamente male informate e, sempre per ironia della sorte, patteggiare la pena con una piccola parte dei soldi truffati. Lu cani muzzica sempri lu strazzatu!
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