La mafia al governo, fra l’altrodi Marco Travaglio
A beneficio delle scuole di giornalismo, proponiamo un piccolo test psicoattitudinale per gli aspiranti direttori di giornale, fresco fresco dalla cronaca dell’altroieri. Ecco il quesito: “Notizie del giorno dall’Italia: 1) blitz contro presunti estremisti islamici, con sequestro di alcuni dvd e vhs; 2) ennesima lite fra i sindacati per il contratto dei metalmeccanici; 3) ennesimo dissenso fra governo e Bankitalia sull’economia; 4) ennesimo sciopero dei magistrati contro la boiata del nuovo ordinamento giudiziario; 5) lite Rutelli-Veltroni sul decisivo problema del tunnel a Villa Pamphili; 6) ennesima talpa scoperta alla Procura di Milano; 7) ennesimo arresto di un ciclista per doping; 8) Raffaele Cutolo chiede la grazia a Ciampi; 9) direttiva europea su diete e vitamine; 10) sentenza del Tribunale di Palermo che condanna a 9 anni il senatore Marcello Dell’Utri per mafia (afferma che Dell’Utri è stato per 30 anni il mediatore fra Cosa Nostra e l’attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; conferma i sospetti di riciclaggio di denaro sporco, visto che i finanziamenti alle holding della Fininvest fra gli anni 70 e 80 restano molto “poco trasparenti” e il premier ha rifiutato di chiarirli; dimostra i trentennali rapporti del premier e del suo braccio destro con la più feroce organizzazione terroristica mai vista, “il sodalizio criminoso più pericoloso e sanguinario del mondo”, anche dopo le stragi del 1992-’93; il tutto mentre il capo del governo pare impegnato in una titanica guerra al terrorismo). Ora, posto che le notizie del giorno sono queste, l’aspirante direttore le soppesi, le valuti e le confronti attentamente, poi le disponga in ordine di importanza e stabilisca lo spazio adeguato da assegnare a ciascuna”. Un candidato disattento, o prevenuto, o giustizialista potrebbe addirittura pensare che la notizia più importante sia la decima, non essendo mai accaduto finora, nel mondo, che un tribunale abbia accertato nero su bianco i rapporti di un premier e di un senatore di un paese democratico con un’organizzazione terroristico-mafiosa. Bene, chi la pensa così abbandoni ogni ambizione di carriera e sappia per certo che al massimo potrà aspirare a un posto all’Unità (unico giornale d’Italia che abbia segnalato la cosa in prima pagina). Ma non diventerà mai direttore del Corriere della sera, né del Giornale, né del Foglio, né dei cinegiornali Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto, TgLa7. Infatti la notizia numero 10, per il Giornale, il Foglio e i cinegiornali di regime non è nemmeno una notizia: non l’hanno proprio data, neanche una parola, neppure mezza riga. Quanto al Corriere, l’ha ritenuta molto meno importante delle prime nove. Infatti ha dedicato la prima pagina alle notizie 1, 2, 3, 6 e 7 e spazi interni amplissimi alla 4, 5, 8 e 9. Aperture di pagina su Cutolo, sul ciclista dopato e soprattutto sulle diete e le vitamine; ottimo piazzamento anche per il tunnel di Villa Pamphili (nove colonne).Così per la sentenza Dell’Utri è rimasto uno striminzito colonnino nascosto a pagina 16, nella zona più buia del giornale, quella solitamente riservata al callifugo Ciccarelli o alla rubrica di Ostellino. Diversamente dai vertici del Corriere, però, il titolista la notizia l’ha capita eccome. Infatti ha titolato: “I giudici di Palermo: Dell’Utri il tramite tra i clan e Berlusconi”. Anche perché l’articolista, nel poco spazio a disposizione, è riuscito a scrivere che Dell’Utri e Berlusconi assunsero come “soprastante”, cioè come responsabile della villa di Arcore, il boss Vittorio Mangano grazie ai loro “contatti personali con alcuni capimafia come Stefano Bontate, Girolamo Teresi e Gaetano Cinà”; e che il Tribunale definisce il nostro impavido premier “un industriale disposto a pagare (Cosa Nostra) pur di stare tranquillo”. Cosine così, robette da niente, gossip estivi, che sarà mai, niente di paragonabile alle nozze Falchi-Ricucci. Minuzie per iniziati dalla vista aguzza, possibilmente armati di microscopio elettronico. Ma non tutto il male viene per nuocere: la scelta di nascondere un’enormità del genere dissipa i timori di una scalata berlusconiana al Corriere: più scalato di così, si muore. A proposito: ora tutti a commemorare Paolo Borsellino e gli uomini della scorta, trucidati in via d’Amelio il 17 luglio 1992 dal “sodalizio criminoso più pericoloso e sanguinario del mondo” che, per la cronaca, era finanziato dal nostro premier e “volontariamente rafforzato” dal suo braccio destro. Fra l’altro. Detto così, en passant.
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