da Pier Franco Schiavone, Milano
Mercoledì è morto mio padre. Non ne daranno notizia giornali e televisione perché la morte di mio padre è stata una morte anonima, nota solo a chi gli voleva bene. Non era un personaggio noto, però è stato uno dei tanti che hanno fatto, nel dopoguerra, questo Paese. Adolescenza fascista, quindi la presa di coscienza con la guerra nei Balcani e il campo di concentramento. Dopo, quarant’anni di pala e piccone nelle Terre del Sacramento. Prima tessera del PCI nel ’51, ultima DS nel 2004, ma non li capiva più. Non capiva più in generale il linguaggio della politica, per questo ripeteva, quando vedeva in TV certi cialtroni, “a da venì Baffone!” Ha lavorato sodo per la famiglia, per mantenermi all’università. Mi inviava dei soldi che spesso gli rimandavo indietro perché mi “arrangiavo”, lui diceva “che fetie e fa’, se ‘ndi tuoll?” “Che senso ha il mio lavoro se non li accetti?”. Questo era Domenico Antonio Schiavone.
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