Mi era sfuggita, anche se girava in internet da un po’ di tempo, questa perla. La lettera di un capo indio ai governanti europei in cui richiedeva la restituzione di 185 mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento depredati nei secoli. Ecco l’inizio (ho in mano un piccolo libretto, 12 ottobre 2002, edito da edizioni Gattacicova). Il seguito in documenti
Così sono qua, io, Guaicaipuro Cuatemoc, sono venuto a incontrare i partecipanti a questo incontro. Così sono qua, io, discendente di coloro che popolarono l’America quarantamila anni fa, sono venuto a trovare coloro che la trovarono cinquecento anni fa.
Così ci troviamo tutti: sappiamo chi siamo, ed è già abbastanza. Non abbiamo bisogno di altro.
Il fratello doganiere europeo mi chiede carta scritta con visto per scoprire coloro che mi scoprirono.
Il fratello usuraio europeo mi chiede di pagare un debito contratto da traditori che non ho mai autorizzato a vendermi.
Il fratello leguleio europeo mi spiega che ogni debito si paga con gli interessi, anche fosse vendendo esseri umani e paesi interi senza chiedere il loro consenso.
Questo è quello che sto scoprendo.
Anch’io posso pretendere pagamenti. Anch’io posso reclamare interessi. Fa fede l’Archivio delle Indie. Foglio dopo foglio, ricevuta dopo ricevuta, firma dopo firma, risulta che solamente tra il 1503 ed il 1660 sono arrivati a San Lucar de Barrameda 185mila chili di oro e 16 milioni di chili di argento provenienti dall’America. segue
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