da Gianluca Freda
Ceratti, io non credo ai buoni e ai cattivi in tempo di pace, figuriamoci in guerra. Ciò che distingue un gruppo di resistenza armata da un gruppo di criminali di guerra non è certo la maggior mitezza e bontà d’animo, ma la capacità di darsi una strategia che, al di là delle idee e delle azioni dei singoli, miri a colpire un ristretto apparato politico-militare, non un’etnia o una cultura in genere, anche se rappresentata da giornalisti o civili inermi. Questa si chiama capacità di discernimento, ha molto a che vedere con l’etica, ed è ciò che manca tanto ai vari “eserciti islamici” di scannatori per videotape quanto ai potentati economici occidentali che hanno ridotto l’Iraq un inferno. Il qualunquismo è già devastante in politica interna, se applicato a conflitti come questo diventa esiziale.
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