da E.T. Saronne
Gentile Signor Sabelli, Le scrivo per darLe una testimonianza personale sulla migrazione clandestina. Negli anni ’20 mio padre, piemontese come me, fu costretto ad emigrare –per poverta’ e mancanza di lavoro– in Francia. Ando’ a cercarvi fortuna senza soldi in tasca, senza passaporto, nascosto in un vagone-merci. Fu clandestino per due anni, fino a quando un pietoso datore di lavoro riusci’ a “metterlo in regola”, riuscendo anche a fargli rilasciare il passaporto. In seguito — in cerca di condizioni di lavoro piu’ umane– tento’ di sbarcare illegalmente a Liverpool, ma fu rispedito in patria. A sentire i racconti di mio padre, il suo caso era tutt’altro che isolato. E infatti si calcola che nella prima meta’ del XX secolo siano emigrati nella sola Europa circa 5 milioni di nostri connazionali, spesso provenienti dalle regioni del nord. Perche’ noi italiani abbiamo una memoria cosi’ corta? O siamo semplicemente, volutamente, ignoranti? Basterebbe leggere (o rileggere ogni tanto) la Storia dell’Italia Unita del Mack Smith. Io ho vissuto all’estero –studiando e insegnando in varie universita’– per 14 anni, di cui 5 fra gli anglosassoni, sia in GB che negli USA. Un giorno un collega mi disse che se qualcuno mi avesse chiamato WOP (o “sans papiers”, com’era mio padre) avrei dovuto rispondere dandogli un pugno sul naso. Mi congratulo con Lei per la sua obiettivita’ e modestia.
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