da Barbara Melotti
Sono certa di aver definito la latitanza legittima. Fa parte di una strategia difensiva dell’imputato alla quale ha diritto, ma che può rivelarsi sbagliata. Perché i processi, spero potremo convenirne tutti, sono quasi sempre indiziari e le sentenze frutto delle convinzioni che i giudici si formano, oltre che delle prove che, appunto, sono raramente univoche. E’ così che funziona, fuor di mitologia. E se gli imputati possono lecitamente scegliere di tacere, ad esempio, altrettanto lecitamente il loro silenzio entrerà, insieme al resto, nelle motivazioni che spingono i giudici alla sentenza. Ora lo stato avrebbe certo anche il dovere di occuparsi degli imputati sfortunati, sfigati o stupidi che magari hanno pure difensori d’ufficio inetti e disinteressati. Non credo che lo faccia. E tantomeno lo farà per chi, non per errore o insipienza, ma per scelta non ha tenuto nessuna strategia difensiva, non ritenendolo, lo stato, legittimato al giudizio. A questa solitudine mi riferivo. Per la quale, personalmente, non mi strappo i capelli. Mentre per i poveri sfigati non “politici”, non ricchi, non famosi, che tutti i giorni vengono condannati anche per propria ignoranza e miseria, mi pare non si strappi i capelli nessuno.
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