da Gino Roca
E’ morto giovane e questo è già un delitto. Lo ha ucciso un malore mentre in macchina aspettava i colleghi del dipartimento di Venezia dei Vigili del Fuoco. Era stato il protagonista di una storia che aveva commosso il mondo. Era in Abruzzo anche lui, dopo il terremoto. Con i colleghi cercava una ragazza rimasta sepolta sotto le macerie della sua casa. La cercarono per quasi due giorni. Poi si arresero. Si trattava ormai di tirar fuori un cadavere. E per i cadaveri non bisogna far presto. Lui, invece, continuò ostinatamente a cercare. Fino a quando sentì qualcosa, come un lamento, e avvertì i colleghi. Che ripresero a scavare con le mani per evitare che un crollo improvviso peggiorasse la situazione. Si salvò così Eleonora, di anni ventidue. Le immagini del suo salvataggio dopo 42 ore fecero il giro del mondo, finirono sulle prime pagine e nelle aperture dei tg. Eleonora, ragazza simbolo del terremoto, è viva grazie a lui e ha lasciato l’ospedale. Il suo salvatore è morto. Non avrà un funerale. E dunque nessun applauso. E’ inutile anche cercare i necrologi. Voi, che della battaglia per la sacralità della vita avete fatto un manifesto che vi onora, dovreste spendere qualche parola in morte di questo pompiere, sottraendo coraggiosamente un po’ di spazio a questioni certamente più serie, a temi più alti. Mi accorgo che non ho ancora detto il nome di questo eroe. Si chiamava Nice. Era un cane.
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