da Giorgio Trono
Cosa spinge i parenti di un ostaggio a farsi intervistare da ogni televisione? Perché la madre di una bambina di due anni seviziata e barbaramente uccisa decide di concedersi alle telecamere? Per quale motivo siamo arrivati all’equazione un morto=dieci familiari in tv? Esiste ancora una dimensione privata del dolore? Oppure il dolore è reale solo se è manifestato a La Vita in diretta? Sono più riprorevoli i giornalisti che chiedono “Cosa prova in questo momento?” o la madre, la sorella, il figlio che rispondono?
E noi che assistiamo?
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