di Filippo Facci
Signor direttore, questo Paese è sopravvissuto senza conoscere la mia opinione sul caso Sofri e ritengo che possa seguitare a farlo senza traumi culturali. Neppure penso, voglio premettere, che un corsivista debba correre a dissociarsi ogni volta che la linea editoriale del suo giornale non corrisponda alla sua: preferisco tuttavia cercare dei fischi sul Giornale, anche pesanti, piuttosto che ottenere dei facili applausi da qualche altra parte. Resta che per quanto riguarda la linea del Giornale sul caso Sofri – che secondo me non è neppure una vera linea, ma è giusto il rifiuto di averne una – mi preme dissociarmeme e basta. Mi dissocio dai titoli, dai sommari, dalle didascalie, dal tono complessivo e stra-prevalente con cui viene trattata la questione: e non mi si citino eccezioni inconferenti, non giochiamo. Mi dissocio da editoriali come quelli di Mario Giordano – che sull’argomento è stato spesso incaricato dell’apertura del Giornale – che ho trovato insufficienti e bambineschi; ho una certa nausea, inoltre, di tutti quei corsivisti che per una riga premettono d’esser favorevoli alla liberazione di Sofri (non alla grazia) e per le restanti ottanta non fanno che prendersela con questa autentica ossessione che è ormai divenuta la lobby dei suoi amici: altri argomenti zero, tranne che Sofri deve chiedere la grazia per ragioni morali che loro s’inventano formali. Lo dico, già che ci sono: credo che lorsignori mentano, penso che vogliano Sofri in galera ma non abbiano neppure il coraggio di ammetterlo, penso che lo vogliano in galera pur di negar soddisfazione alla famosa lobby più che a lui, penso che il Giornale abbia l’interesse o la volontà di mantenere surriscaldato e involuto il livello dello scontro. SEGUE
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