da Guglielmo Venturi
Ormai è diventato un amabile rituale, come il cappuccino e la brioche del mattino, ed io all’erta sto. Silvio Berlusconi, ogni volta che varca i confini di casa, viene colto da una irrefrenabile pulsione ad esternare ed ha sempre un messaggio da rivolgermi. Questa volta, da Atene, mi manda a dire che ” i politici di professione sono solo dei chiacchieroni e dei ladri” e mi esorta a far loro i conti in tasca. Io esaudirerei volentieri il suo desiderio, ma non so francamente come attivarmi. Qualcuno mi ha detto che, di norma, in un paese civile, è la procura della repubblica deputata ad intervenire qualora rilevi che le tasche di qualcuno sono più rigonfie del lecito. Ha anche aggiunto che tale operazione è stata svolta seriamente una decina di anni fa, ma che lo stesso signore che oggi parla all’ombra del Partenone, ha accusato la magistratura tutta di aver attuato un golpe, “decapitando” uomini politici che si erano sì arricchiti, ma che erano stati eletti dal popolo sovrano. La cosa, se è vera, mi sconcerta. Non ho poi capito se, oltre che ai politici professionisti, i conti in tasca debbano essere fatti anche ai presidenti del consiglio dilettanti. In caso affermativo, come mai il Nostro è sempre così coriacemente renitente a rovesciare alla luce del sole le tasche del suo elegante Caraceni?
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