Il pecorino di Pienza – Massimo Gramellini – La Stampa
Interrogato sulle ragioni della sua candidatura alle Europee, il professor Pancho Pardi ha dichiarato che non andrà certo a Strasburgo per occuparsi del pecorino di Pienza. Gli ecologisti si sono risentiti, ma forse l’ideologo dei girotondini, da quel fine politico che è, intendeva mandare un segnale al Montefollonico, al Montanello, al Ravaggiolo e in genere ai formaggi tipici toscani che ogni anno partecipano alla Fiera del Cacio: lui vuol essere l’eurodeputato di tutti i pecorini democratici, senza discriminazioni geografiche e di fatturato, né censure di stampo fascista o fascistizzante. Il discorso sarebbe diverso se il teorico del «ceto medio riflessivo» avesse voluto dire che non considera il pecorino di Pienza una materia sufficientemente degna delle sue riflessioni. Se cioè pensasse di andarsi a guadagnare lo stipendio europeo con una serie di comizi alati contro Berlusconi. Quelli può continuare a farli nei palasport italiani. Ma in Europa il modo migliore per «difendere la democrazia» – il compito non piccolo che il professor Pardi si è assegnato – consiste nel sostenere le ragioni del «pecorino», cioè degli interessi concreti a tutela dei quali un parlamentare è chiamato a sporcarsi le mani. Perché non saranno i bei discorsi, che pure ci vogliono, a far invertire la rotta al nostro destino in declino. E solo chi avrà avuto l’umiltà di combattere per il pecorino, saprà conquistarsi il cuore dei tanti pecoroni che in questi anni si sono lasciati convincere da un fondale a colori.
Il record – “Bonsai” di Sebastiano Messina – la Repubblica
Quelli che ancora si domandano come mai lo statista Berlusconi non sia stato finora capace di chiudere una banale verifica che dura ormai da 259 giurni, forse non si sono resi conto che la soluzione di questo pasticcio non va cercata nelle parole ma sul calendario. Berlusconi, infatti, sa che la verifica comporta un inevitabile rimpasto nei ministeri. Ma sa anche che i governi, a differenza delle squadre di calcio, non possono sostituire tre titolari fra il primo e il secondo tempo: per fare entrare le riserve, devono dimettersi e farsi approvare dal Quirinale e dal Parlamento la nuova formazione. Cosa che Berlusconi non farà neanche morto, prima del 5 maggio, giorno in cui – se non abbiamo sbagliato i conti – sorpasserà Craxi e stabilirà il nuovo record di durata a Palazzo Chigi.Chi pensa di spingerlo a chiudere subito questa interminabile verifica, non ha dunque capito che non ha di fronte il presidente del Consiglio, ma il presidente del Milan, l’uomo dei primati che dopo lo scudetto del pallone, la vittoria nei sondaggi e la supremazia nella ricchezza, insegue il record della politica per incorniciarlo tra i suoi trofei, tra la Coppa dei Campioni, il colbacco di Putin e il Telegatto.
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