da Peter Freeman
Caro Csf, il pezzo di Gramellini su Pardi e’ divertente. Pero’, pero’… Diciamo che ci sono mille buoni motivi per non occuparsi del pecorino di Pienza (di fossa e non). Uno fra tutti: col pecorino di Pienza ci hanno farcito gli zebedei. E cosi’ con il lardo di Colonnata. Col culatello di Zibello idem con patate. Figuriamoci le cipolle di Tropea. Nella vulgata corrente i prodotti di cui sopra sono il sinonimo di “eccezione culturale”, di panda gastronomici, di specie in via di estinzione. Balle. Sono straprotetti, roba che neppure il “bolotto occidentale” (cfr Claire Bretecher). Di piu’, te li rifilano pure all’osteria di Capo Pachino, magari con accompagno di rucola. Va bene, sono uno snob, ma voglio la rivalutazione storica del lardo di Arnaz, dell’ haggis scozzese, del Bettelmat e dei correttori di bozze. E che si fottano, col pecorino di Pienza.
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