da Barbara Melotti
Mio padre era partigiano. Era in montagna fra i primi, era fra i vecchi, avendo “ben” 27 anni, ed era fra i politici, essendo comunista. Ha sempre raccontato di quei ragazzi che arrivarono nelle formazioni partigiane dopo il novembre del ’43 e la chiamata alle armi della RSI, quando insomma si trattava comunque di combattere, o di qua o di là, e di come molti di loro si trovavano ai monti e non a Salò, senza convinzioni radicate o certezze, queste se le fecero dopo, per via delle amicizie, a volte degli insegnanti, persino del parroco, e di come molti altri ragazzi facessero la scelta diversa con ragioni quasi altrettanto inconsistenti, quasi per casualità. Ed era, lui, ed io con lui, d’accordo col Sig Olivotti: rispetto per quei ragazzi fascisti morti dalla parte sbagliata. Purchè sia chiaro che quella era la parte sbagliata, e purchè non si estenda la “moratoria” a chi “ragazzo” non era e della loro tragedia, come di quella dei partigiani e dell’Italia, fu responsabile.
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