lettera di Daniele Luttazzi a Dagospia
Caro Dago, il succo della ridicola querelle è questo: a certi giornalisti piace che un comico si lamenti della censura. Se non lo fa, loro si chiedono perché. Nel mio caso, il motivo è semplice: odio lamentarmi. Considero la censura un fatto odioso, e amen. Andai da Baudo per parlare di censura e mostrarla in atto. Come previsto, successe proprio questo. Ma il critico, invece di informarsi sull’accaduto prima di pontificare, si beve la balla Rai (“Luttazzi era al montaggio”, un falso clamoroso) e insinua che da Baudo ho usato toni soft per ottenere chissà quali vantaggi aziendali (“Non c’è censura peggiore dell’autocensura”). Mi trovo così costretto a ricordare i fatti: il tono soft era dovuto a tagli Rai, non a me. Messina si giustifica dicendo che non ha capacità divinatorie. Ma per vedere i tagli non servono poteri extra, bastano gli occhi. Se sei cieco non puoi fare il critico tv.
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