da Antonio Bozzo
Per una volta, ha ragione Santi Urso: il Ponte di Messina andrebbe fatto e utilizzato come (dico io) Pharaon Art. Se si va a vedere le Piramidi, che in sé a nulla servono, pensate che bello vedersi il Ponte – pagando, ovvio – senza aspettare migliaia di anni. Urso, che di solito non c’azzecca, questa volta ha visto giusto, ripeto: il Ponte farà perdere tempo, non guadagnarlo. Ma è una qualità artistica: non vorremo mica fare come il ministro Lunardi, ossessionato dalla modernizzazione, dalla velocità di smistamento umano. Viviamo nel “capitalismo di finzione” (in Spagna, sono appena stato lì, furoreggia il libro “El estilo del mundo”, che tratta appunto della finzione come motore dell’economia globale: Guy Debord continua a fare proseliti). Cosa c’è di più finto e magnifico di un Ponte che non si sa bene dove porti (perché pure la Sicilia, la Sicilia che necessita di connessioni con il continente, è una gran finzione)? Monumento gigante (si vedrà dalla Luna, come la Grande Muraglia, o la Barriera Corallina d’Australia?), perfetto per sfondi di fiction Tv e sfilate di moda, per marchiare etichette e prodotti: il Ponte è un bendidio, come il Nilo per gli egiziani antichi. Il nostrosimpatico Faraone Berlusconi ne sarà contento, e noi con lui.
E va bene. Mi sembra che arrivati a questo punto possiamo anche dichiarare chiuso il dibattito sul Ponte. Resta aperto il sondaggio (csf)
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