di Emanuele Macaluso (per Il Riformista)
Sono dieci anni che sento tuonare contro le «appartenenze» politiche, considerate il male assoluto della democrazia. Oggi il tema si riaffaccia sul versante opposto: la crisi della Casa delle Libertà, si dice, è crisi di appartenenza. Bossi presenta liste per segnalare la propria identità. Fini avverte che An sembra solo una corrente del partito berlusconiano. Gli ex Dc non vogliono rifare il partito dello scudo crociato, ma quel simbolo lo mettono sempre più in evidenza e attorno ad esso si radunano per segnalare una appartenenza. Insomma il berlusconismo è stato ed è ancora un surrogato di identità sommerse, ma non ne dà un’altra e non può durare a lungo. Anche nel centro-sinistra si riparla di un’anima socialista da riscoprire, e la Margherita, che mostrava vitalità, soffre ora di identità. Nei Ds il rapporto tra ieri e oggi è ancora aperto. Da tale punto di vista queste elezioni segnalano un problema irrisolto: il provvisorio non regge, il vecchio non è riproponibile, il nuovo non ha radici e non sollecita appartenenze identificabili in valori, programmi, partiti (rinnovati, ma partiti). Ci sono invece fanatismi, personalismi e opportunismi indecenti. Discutiamone.
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