di Alessandro Robecchi (per Il Manifesto)
Il lavoro è un diritto. Giusto. Date la vostra disponibilità e avrete un diritto a chiamata. Cioè funziona così: vi telefona l’azienda e vi dice, scusi, signor Gino, abbiamo un picco di produzione imprevisto, venga a lavorare un po’, perbacco, è un suo diritto. Per i diritti occasionali, invece, c’è il buono-lavoro. Vai in un’apposita agenzia, compri un buono da un’ora (7,5 euro comprensivi di optional welfare, souvenir del passato comunista tipo Inps) e hai comprato un’ora di qualcuno. Diritti? Ah, aspetti, le do il buono. Non sottovalutate la cosa: uno può avere nel portafoglio, per così dire in contanti, un centinaio di ore di lavoro di altra gente. Fa ridere, ma mica tanto: qualcuno gira per la città con qualche ora del tuo tempo in tasca, accanto alla patente e alle banconote. Ci sarà gente che perde a poker due anni di babysitter. Il gratta e lavora è allo studio, naturalmente. L’imprenditore prende il caffè al bar e distrattamente, gratta via la vernicetta da un cartoncino. Oplà, ha vinto sei ore di facchinaggio ritirabili presso l’apposita agenzia. Lo staff leasing è un’altra cosa ancora: puoi avere la fabbrica, il magazzino, i macchinari. Ma puoi non avere i lavoratori.
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