di Emanuele Macaluso (per Il Riformista)
Titolo a tutta pagina dell’Unità di ieri: «Referendum, il caldo fa male al quorum». Chissà perché nel 1991, quando si votò il referendum sulla preferenza unica, gli italiani col caldo anziché andare al mare, come avevano chiesto non solo Craxi ma anche la Dc, corsero a votare. La verità è che il caldo fa male solo alla testa di chi ha fatto quel titolo. Prendersela con il sole, e non con il quesito referendario rifiutato consapevolmente da milioni di persone, significa non voler prendere atto della sconfitta politica di un radicalismo sociale e politico che contraddice l’esigenza di riforme adeguate nel mondo del lavoro. L’avventura di Epifani e dei suoi compagni della Cgil è un capitolo su cui riflettere. E tutta la vicenda del referendum ci dice che, se non si vuole edificare un castello sulla sabbia, con Rifondazione Comunista occorre discutere con serietà i contenuti programmatici per costruire in prospettiva una maggioranza di governo. Non servono gli ammiccamenti di Veltroni, Bassolino e altri che corrono alle urne (senza i loro elettori) per placare l’ira di Bertinotti con il quale amministrano Comune o Regione. La chiarezza anche nel dire no è più rispettosa. Per tutti.
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